Localizzazione: Palermo, Mandamento Castellammare, Via Lampedusa 21/23.
Estensione: 7200 mq.
Destinazione d’uso: Residenziale.
Numero di unità immobiliari residenziali: 40.
Palazzo del Principe di Lampedusa è noto per essere stato dimora dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Distrutto dagli eventi bellici del ’43 è rimasto in stato di rudere per settant’anni.
L’area ove sorge il palazzo era di certo già edificata nell’XI secolo.
Nel 1538 viene realizzato l’attuale Cortile Lampedusa, come prolungamento della via Bara, e subito dopo, nel giro di un decennio, vengono edificati uno difronte l’altro, due fra i più importanti palazzi dell’aristocrazia palermitana della fine del 500, il palazzo dei conti di Raccuia (attuale Palazzo Branciforte, il cui recupero ha avuto inizio nel 2008 sotto la guida dell’arch. Gae Aulenti) e quello di Cesare ed Ottavio d’Aragona (attuale Palazzo Lampedusa).
I successivi proprietari individuati sono i componenti della famiglia Zappino.
Passa alla famiglia Tomasi di Lampedusa nella metà del settecento.
Durante l’assedio borbonico, seguito ai moti del 1848, il palazzo fu colpito da una bomba che ne causò la distruzione della sala grande. Il 5 aprile del ’43 “le bombe trascinate da oltre oceano la cercarono e la distrussero”, causando la perdita quasi totale dell’ala settentrionale, parte di quella meridionale e la totale perdita della parte centrale (unione fra le due ali) e della terrazza porticata.
Nell’ immediato dopoguerra, all’interno dei resti del palazzo, fu impiantata una fabbrica per la realizzazione di mattoni e piastrelle in graniglia di cemento. Nel 1981 è stato redatto un progetto dell’Italter che prevedeva un centro polifunzionale contenete un consultorio familiare, biblioteca di quartiere, asilo nido e palestra.
E’ del 2009 un progetto di Italo Rota, Franco Miceli e Nicola Piazza in chiave assolutamente contemporanea.
Nel 2010 questo studio di architettura ha formulato una ipotesi progettuale di restauro e ripristino ed ha creato una cordata di 35 persone che hanno creduto nel recupero del palazzo, nonostante non ne fosse rimasto quasi più nulla. Il gruppo di acquisto lo ha rilevato per intero e ha dato inizio ai lavori.
L’edificio in origine era così composto:
Planimetricamente esteso per l’intero isolato compreso fra la chiesa di S.Cita, la via Lampedusa, il cortile Lampedusa e la Caserma Cangelosi, era diviso in due parti: un’ala settentrionale, ove vivevano i nonni dello scrittore e un’ala meridionale, ove viveva lo scrittore con i suoi genitori. Aveva una doppia corte con terrazza nobile porticata, chiusa sul fondo da corpi bassi (terrazze di piano nobile). Attorno a questa doppia corte prospettavano le due ali del palazzo. C’era anche una terza corte più piccola all’interno dell’ala meridionale, una galleria coperta di collegamento fra la doppia corte e la terza corte ed un giardino interno.
Il progetto è ruotato attorno al tema della Casa di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. E’ stato questo un caso in cui il valore dell’edificio era più legato ad un aspetto culturale che non architettonico. Il continuo via vai di turisti che da ogni parte del mondo vengono a cercare i resti dell’antica dimora ne è la quotidiana testimonianza.
"Il rapporto fra lo scrittore e la sua casa era profondo e viscerale, come lui stesso scrive nelle pagine del libro “I Racconti”, e la perdita di quella dimora è stato un evento determinante e cruciale cui è seguita la stesura de “il Gattopardo”.
Il restauro:
Si è pertanto optato per un restauro di tutte le parti superstiti, cercando di lasciare quanto più possibile il rudere uguale a se stesso come traccia dell’evento drammatico nella vita dello scrittore.
Si è deciso di lasciare gli intonaci esistenti originari, non riproporli dove non erano completamente più esistenti, non ricostruire le cornici laddove erano andate perdute, non regolarizzare quelle aperture che nei primi del novecento devono di certo essere state modificate. Lasciando quindi le testimonianze della casa che fù, per come sono arrivate sino al 2010, con l’unica eccezione della loro rifunzionalizzazione.
Il ripristino:
Si è riproposta l’originaria configurazione planimetrica e volumetrica di insieme e si è scelto di far in modo che l’aspetto rievocasse quella che un tempo doveva essere l’antica dimora settecentesca. Sono tuttavia stati presi degli accorgimenti per rendere immediatamente riconducibile il palazzo all’epoca odierna, con un delicato equilibrio di inserti contemporanei all’interno di un linguaggio classico che caratterizzano l’intero intervento.
Questi accorgimenti si limitano ad un espediente cromatico nelle facciate su strada per diventare sempre più rilevanti all’interno.
Entrando dall’ingresso principale ci si immette in una sequenza di porticati le cui colonne, prive di base e capitello, hanno una sezione circolare alla base ed ellittica in sommità così da ottenere, con questo espediente geometrico, l’effetto di rastremazione. Le volte di questi spazi porticati, così come quelle degli altri ambienti comuni di piano terra, sono realizzate con delle fessure che le attraversano in modo da rendere immediatamente comprensibile la contemporaneità delle stesse. I parapetti delle terrazze di piano nobile sono in vetro serigrafato. La pavimentazione di tutti gli spazi comuni è realizzata con i materiali della tradizione ma con disegno contemporaneo. Alcuni infissi sono stati ruotati rispetto al paramento murario.
Il tema della contemporaneità prende completamente il sopravvento nei corpi scala interni che immettono alle unità immobiliari.
Siamo soddisfatti che Palazzo Lampedusa sia tornato ad essere Casa, come amava chiamarla Giuseppe Tomasi di Lampedusa.